«Ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52)
N.1 - Gennaio-Marzo 2015
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Verso gli altari

Luigi Rocchi, un vero uomo, un vero cristiano

Volle amare la gente a costo della croce

di Maria Münsterberg

Luigi Rocchi nasce a Roma il 19 febbraio 1932, muore a Macerata il 26 marzo 1979 all’età di 47 anni, dopo averne passati 28 immobile mani e piedi, in un letto, colpito da distrofia muscolare progressiva. Quasi un anno fa, nella ‘Festa di ringraziamento’, fatta a Tolentino il 25 aprile 2014, il cardinale Angelo Comastri ha consegnato a Mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata, il Decreto con cui Papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche del Servo di Dio Luigi Rocchi nominandolo ‘Venerabile’.
Amico dei ‘crocifissi vivi’ come lui amava chiamare i sofferenti, è stato di incoraggiamento a tanti che andavano a trovarlo a casa e ai tantissimi che avevano allacciato rapporti epistolari. Tra i suoi amici-visitatori ricordiamo monsignor Loris Capovilla, già segretario di Papa Giovanni XXIII, che chiamava Luigino ‘il mio maestro’, e il cardinal Tonini, che confessava di andare a trovare Luigino perché se ne andava sempre ‘tirato su’ e incoraggiato dalla sua serenità. Davanti alla croce non si è mai ripiegato su se stesso.
Diceva con chiarezza che lui non amava la croce, perché «neppure Gesù ha amato la croce. Anzi, ha pregato per evitarla». E aggiungeva subito: «Però, come Gesù, che non ha amato la croce, ma ha amato la gente a costo della croce, io pure voglio amare non la croce, ma la gente a costo della croce».

Fra’ Mario, torna, torna!
Negli ultimi cinque anni, non potendo muovere nemmeno le dita delle mani, provò a rimediare con un bastoncino tenuto con la bocca e il naso, battendo così i tasti di una macchina elettrica. Scriveva venti-ventidue lettere al giorno. Il cardinale Angelo Comastri, nella sua relazione in occasione della ‘Festa di ringraziamento’ per il Decreto di Venerabilità ha commentato, con le seguenti parole, una delle millesettecento lettere del Venerabile Luigi Rocchi:
«Pensate fino a che punto è arrivato il suo eroismo. Un giorno Luigino è venuto a sapere di un religioso che aveva abbandonato il suo ministero. Sentite cosa gli scrive: ‘Carissimo fra’ Mario (nome cambiato), io ti parlo chiaramente: se tu tornassi a essere “fra’ Mario”, la tua vita avrebbe un senso. Mi fa rabbia che tu sciupi svolazzando tra questo acquitrinio, che è la vita del mondo…’. Ma ci pensate? Quest’uomo, inchiodato su un letto, che si fa maestro di uno che poteva essere suo maestro. E aggiunge: ‘Fra’ Mario era una luce! Mario è una luce sotto il moggio. Peggio: è una luce dentro l’armadio! Tu dici: ‘Ma io non avevo la fede!’. Ma un uomo, un uomo vero sa camminare anche di notte. Sa affrontare le prove. Se ti fermi davanti alle prove, che uomo sei? La vita è lotta! Il tuo compito di religioso è quello di camminare anche di notte, perché gli altri non si perdano! Quando la fede tramonta al nostro orizzonte, viene la notte. Allora sì, che è meritorio camminare. La grandezza di un uomo si vede quando, di fronte alle difficoltà non si scoraggia’».
E la lettera di Luigino a fra’ Mario continua: «È notte, amico mio, nella tua vita di religioso! E con questo? Alzati! E cammina di notte: devi farlo! Sei chiamato per questo! Vedrai che, dopo aver camminato tanto di notte, spunterà il giorno». Sentite che fede robusta ha quest’uomo: «Non sono io un testimone dello Spirito? È veramente notte, o è notte perché è il tuo orgoglio a fare da paraocchi? Tu mi hai chiesto: “Ma Cristo è risorto”?. L’hai chiesto a me! Io cosa ti potevo dire? Io ho gli stessi documenti che hai tu, quelli che ha la Chiesa. Io ci credo! Quella domanda che mi hai posto mi ha fatto ritrovare la coscienza della mia fede. Grazie! Ma tu che fai? Fra’ Mario, torna, torna! Io sono tornato, mi sono arreso all’evidenza».

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S. Caterina da Siena